23.4.13

Sezione Clinica Medica

Università di Pisa, 1943, 21 febbraio. 
Sui muri della Facoltà di medicina, sezione clinica medica:


Se la madre del nostro grande Duce
avesse avuto un po' di luce
avesse dato al grande fabbro predappiano
invece della potta il deretano
l'avrebbe avuto in culo quella sera,
lei si, non l'Italia intera.

19.4.13

Un Partigiano come Presidente

"Io ero pacifista ma andai volontario in guerra [la prima guerra mondiale] perché se a combattere dovevano andare i figli degli operai e dei contadini, dovevo andarci anche io." Sandro Pertini

(foto: Pertini in esilio a Nizza con compagni di lavoro.)
da PensieriParole


Onestà. Correttezza. Esperienza, ed esperienza internazionale. Lealtà. Si potrebbe andare avanti per ore, elencando tutte le qualità che dovrebbe avere una garante, anzi, il Garante, della nostra Repubblica Parlamentare: il Presidente della Repubblica.
Più simile ad un Santo, che non ad un uomo, sopratutto poco simile ad un politico italiano medio, e famola sta media, in questi tempi.
Marini viene dal mondo del lavoro, è un umile, Rodotà è l'espressione della libertà di pensiero, Prodi, che dire di Prodi, ha fatto tutto quello che un dirigente della politica deve fare. Curriculum impeccabile.
Mi fermo a citare questi, bastano, sono ottimi esempi.

Eppure c'è qualcosa che non quadra in questo tipo di scelta, qualcosa che all'italiano medio, perchè esiste un italiano medio, pure a quello che vota, ha votato e voterà Berlusconi, non va del tutto giù.
Se quindi il curriculum è importante per diventare Presidente della Repubblica, di tutti eletti fino ad ora, dal 1948 ad oggi, quello che assumerei come mio è senza dubbio Sandro Pertini. E non perchè ha esultato in faccia al presidente tedesco al Bernabeu come un ultras della curva, o perchè fumava la pipa, era citato in una canzone di Cotugno o andava a Vermicino a piangere la morte di un bimbo caduto nel pozzo. Ma per il suo curriculum vitae, e non quello dal 1946 in poi, ma quello prima, prima di essere un politico.

Medaglia d'argento sul fronte della prima guerra mondiale (dal 1916 al 1918, tre anni di guerra in trincea..), laurea in giurisprudenza nel 1923, nel 1925 una seconda laurea in Scienze sociali. Fervente antifascista viene più volte picchiato, arrestato, fermato, nel 1925 gli spezzarono addirittura un braccio. Nel 1926, insieme a Turati, scappa su un motoscafo verso la Corsica, dalla quale si muove poi per la Francia. Parigi prima, Nizza poi. A Nizza vive di vari lavori, muratore, comparsa cinematografica. Nel 1926, con i proventi di una vendita fatta in Italia, in una casa vicino a Eze crea una radio clandestina, viene scoperto e arrestato (pure in Francia). Torna sotto falso nome, Luigi Roncaglia, nel 1929 in Italia, con l'idea di ricreare una rete socialista clandestina nel nostro paese. Viaggia per varie città, da Venezia a Genova, Firenze, Milano, Roma, fino a quando non lo arrestano. E' il 1929, Pertini ha già 34 anni. Gli ultimi dieci li ha passati, pur provenendo da una famiglia benestante, due lauree e nessun problema, da reietto, vivendo nell'ombra, sacrificando tutto quello che poteva godersi di una spensierata gioventù. Invece è carcere per lui. Prima l'Isola di Santo Stefano,  poi a Turi (dove incontra Gramsci). infine per le condizioni di salute non buone lo spostano a Pianosa. Lì la madre, molto preoccupate, fa richiesta di grazia per il figlio al Duce.
Voi che avreste fatto? Undici anni di vita in fuga, considerato un criminale e terrorista dalla maggioranza delle persone, che avrebbero fatto i Marini i Prodi, che non riescono a rinunciare neanche a 1000 euro in meno di pensione? La risposta di Pertini alla madre è questa (dopo aver rifiutato la grazie..):

« Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l'amore, che io sento per la mia idea?»

Potrei andare avanti, raccontare degli altri lunghi tredici, e dico tredici, anni di carcere e confino che ancora dovette scontare. Quando lasciò l'isola di Ventotene, nell'agosto del 1943 aveva già 47 anni, poche settimane dopo era a combattere a Porta San Paolo a Roma contro i tedeschi(fece la Resistenza poi in Toscana, Emilia, Lombardia, fu arrestato dalle SS e condannato a morte, salvato in un'azione partigiane..). Divenne uno dei responsabili del CLN, prese un medaglia d'oro al valor militare e tanto altro. Da Politico si oppose alla deriva del PSI, e per questo fu lasciato in disparte dalle scelte del Partito. Prima di diventare Presidente della Repubblica, qualche anno prima, incontrò ad una cena a Milano quello che era in quel momento il direttore del carcere di San Vittore, e che anni prima era stato suo carceriere a Ventotene. Dopo un iniziale imbarazzo il direttore del carcere prese confidenza ed iniziò a provocare Pertini sulle incertezze, i difetti gli errori di questa tanto ammirata democrazia, di questa Repubblica che a suo dire, in confronto ai tempi del Duce, non garantiva le stesse prestazioni, i treni in orario, l'assenza del crimine e tutte quelle belinate che ci portiamo ancora oggi dietro come credenze dure a morire e tante altre cose che non so e mi posso immaginare. Pertini stette ad ascoltarlo, in silenzio, poi si alzò in piedi, in mezzo alla tavolata e gli disse che "forse aveva ragione, non tutto era cambiato per il meglio, per come speravano per quello che avevano lottato, ma di una cosa era contento, che lui, il suo vecchio carceriere, stesse parlano liberamente al tavolo, al suo stesso tavolo, esprimendo le sue opinioni, senza paura. Quella era la differenza, noi vi facciamo parlare, voi ci avete (e ci toglierete) la libertà di farlo. 




9.4.13

Rinuncia alle vesti


Prima della decisione definitiva di andare a dormire, come ormai un istinto animale incondizionato mi fa eseguire, ho aperto per l'ultima volta nella giornata, la pagina di repubblica.it.

Mi è sembrato fin da subito di aver frainteso il titolo della notizia che dal lato sinistro della pagina ha attirato la mia attenzione: "Il PD sabato in piazza per manifestare contro la povertà". No vabbè, è uno scherzo. Chi mai potrebbe avere un'idea così assurda, più tardi, esattamente 24 ore dopo l' avrei definita dadaista. Chi mai ha potuto pensare di andare in quartieri come Tor bella monaca, San Basilio, Scampia, San Salvario a manifestare contro una condizione del vivere, certo non auspicabile, ma pur sempre una condizione, non un problema di per se? 

La follia è compiuta allo stato puro. La sinistra italiana, o a questo punto veramente, pseudo-tale, non ha idea migliore che manifestare contro una condizione del vivere che, si dovrebbe vedere caso per caso, non sempre è correlata o indotta da problematiche generali, quelle che la politica dovrebbe risolvere, e sopratutto cercare di comprendere e trovare le sintesi per le soluzioni migliori. Certo, le soluzioni. Perchè a ben vedere il problema non dovrebbe essere la povertà, condizione relativa e passibile di cambiamento, ma le cause che la provocano, nel caso le cause siano da addebitare a motivi che riguardano la politica, tipo stipendi bassi, mancanza di lavoro, ignoranza diffusa, dispersione scolastica, assenza di servizi, e potremmo andare avanti per giorni. 

Se manifesti contro il lavoro nero, sei contro chi offre lavoro nero, e ambiguo contro chi lo esegue (ma c'è la giustificazione del ricatto), ma, più semplicemente, se manifesti contro il razzismo sei contro i razzisti. Sillogisticamente se manifesti contro la povertà vorrà dire che sei contro i poveri, su questo non ci piove, come non ci piove che non è l'intenzione dei militanti e dirigenti del PD manifestare contro i poveri, o almeno lo spero.

Nell'idea comunista non erano i poveri il problema, il problema erano i ricchi. Non era la povertà a dare i problemi ma la ricchezza. I poveri si univano per rendere più giusto ed equo, a loro ben vedere, la distribuzione di quella ricchezza, che in ogni caso anche se divisa ugualmente per tutti non avrebbe fatto tutti ricchi, ma sicuramente nessuno più ricco dell'altro e tutti meno poveri, ma non di certo ricchi. Questo ne Marx, ne Lenin, ne Mao l'hanno mai promesso. Poi che sia utopia, sia stata una fregatura, l'ennesima, a cui le masse hanno creduto, non mi metterò certo qui a discuterne,resta il fatto che la sinistra storica non è mai stata contro la povertà, semmai contro la ricchezza.

Ma senza scomodare Gesù di Nazareth, basterà ricordare San Francesco d'Assisi, riportato in auge alla faccia del fascista Padre Pio, dal cardinal Bergoglio solo qualche settimana fa. Ebbene, la religione cattolica, nelle sue trasfigurazioni più pauperistiche, non vede nella povertà un problema, anzi, un valore a cui ogni buon cristiano deve mirare. Liberarsi il più possibile dei beni materiali, case, soldi, fino ai vestiti, come nella celeberrima rinuncia delle vesti di San Francesco, avvicinano l'uomo a Dio. Anche per loro, per i cattolici più legati ad una visione più spirituale e meno materiale, il problema è la ricchezza, non la povertà.

Ora, mi devo aspettare che il Bersani di turno, la collaboratrice Geloni (6.000 euro al mese per dirigere youdem...), il Fioroni o il Gentiloni di passaggio, sabato a questa manifestazione, stiano a fianco di poveri cristi per davvero, con compassionevole ammirazione, disprezzando tutti insieme il loro stato di povertà, ma non certamente loro come persone. Che peccato che non siete ricchi come noi, sapete com'è? Veniamo a darvi la nostra comprensione e manifestiamo contro la vostra condizione. Mi aspetterei che qualcuno a sti punti gli faccia sganciare anche qualche euro, perchè già dal medioevo, ma poi messo in pratica nel XVII secolo, il problema della povertà fu avversato dai ricchi regnanti, nobili, borghesi italiani, con le offerte e la cosi detta elemosina, e come soluzione finale ebbero l'idea di costruire dei grandi alberghi pubblici per i poveri, rimasti per altro dove sorgono (tipo a Genova e a Napoli), edifici di maestosità impressionante, dove tutti i poveri senza dimora poteva rifugiarsi, mangiare, bere e dormire. Aspetto questo passo PD, costruiamo un albergo per i poveri nei quartieri dove manifestate sabato, sarebbe un'ottima idea. Poi magari, più in la, cerchiamo di pensare al mondo nel futuro prossimo, senza povertà, se vi fa più felici.

8.3.13

tragicommedia-1



Il 30 agosto del 1985, nella Plaza de Toros di Colmenar Viejo, moriva "El Yiyo". Dopo una lidia artistica,  ballando al lato della morte, la sua stoccata perfetta raggiungeva il cuore del toro, "Burladero", lo scherzoso. Sicuro della giustezza del suo "tercio de la muerte", El Yiyo si rilassò per un istante. Quell'istante in cui, proprio come in uno scherzo, Burladero decise che quei pochi secondi che lo separavano dalla morte ormai sentenziata non sarebbero passati invano.

Incornò a El Yiyo un prima volta, scaraventandolo per terra. Dalla polvere lo sollevò, fino a che il suo corno riuscì a trapassargli il cuore, spezzandolo in due. Per un attimo i due corpi, entrambi morenti, sono rimasti fermi, sospesi, nel mistero che unisce la vita e la morte. Poi solo la seconda. Per entrambi.


Monumento al "El Yiyo", a Colmenar Viejo

4.3.13

Sporcatevi la maglia.

l


Era dall'autunno del 2001 che non si giocava uno Spezia - Livorno allo stadio "Picco". Quindi già ad agosto, una volta uscite le date del calendario della serie B (scusate, serie Bwin, sai com'è..), il 2 marzo 2013 è stato da me segnato con l'evidenziatore giallo, non rosso perchè bisognava capire se per le esigenze televisive sarebbe stato un anticipo del venerdì, un posticipo del lunedì, o una partita del mezzogiorno della domenica. Giusto per capire quando prendere il biglietto del treno (maledetti!). Comunque, vuoi per l'anonima stagione degli aquilotti, dati nel calcio mercato estivo come squadra da promozione, vuoi per una casuale decisione, la partita viene confermata per  sabato pomeriggio 2 marzo alle 15.
Vivendo a Roma mi sono dovuto svegliare alle 6 e 30 del mattino, prendere il treno, arrivare a Massa Centro, farmi venire a prendere da mio padre, mangiare un pezzo di focaccia al volo, mettere la sciarpa dello Spezia al collo e scendere per strada aspettando il Pozzi con la sua carretta, direzione stadio. Ora, è innegabile che è un discreto sbattimento, oltretutto neanche economico, e razionalmente non c'è niente di sano nel fare tutto questo, lo so per certo, ma non ne posso fare a meno, quindi posizionato il mio posteriore su un gradone della Curva Ferroivia, birra in mano, sigaretta in bocca, tutti i dubbi si diradano ed inizia a salire quella tensione che gli inglesi, hanno chiamato derby. Un derby dei tanti che vedono lo Spezia rivaleggiare con le altre città toscane del Tirreno, ma sempre un derby, di quelli sentiti.

Prima osservazione. Gli Ultras del Livorno non ci sono, o almeno, c'è una sparuta rappresentanza, tipo 50, con uno striscione "Milano Amaranto". Già, duri e puri, non è ironico, gli Ultras livornesi non hanno mai fatto la tessera del tifoso, quindi a Spezia non possono venire. Questi sono livornesi che deduco, vivendo a Milano hanno fatto un club e non risultando residenti a Livorno hanno potuto acquistare il biglietto. Già questo smorza di una bella quota l'appeal di un derby. Dall'alto dell Curva Ferrovia, alle volte a partita già iniziata, vedere attraverso l'arco storico dello stadio il corteo dei rivali affluire mentre ti offendono, stare zitti fino a che non hanno riempito la loro curva, e poi...invece nulla. Siamo soli. Vabbè. Vediamo di vincere.
Partita dai toni blandi, i giocatori tra di loro non lasciano trasparire l'emozione della partita speciale. Solito errore difensivo dello Spezia e 1 a 0 per gli amaranto. Pure il tifo scema dopo un avvio promettente, ma neanche troppo. Il match non decolla, lo Spezia non demerita ma nell'ennesimo errore di un nostro centrale il Livorno ci punisce. 2 a 0. Qualche minuto dopo accorciamo pure, ma poi non si produce più nulla, a parte le tre  birrette che rinfrescano la mia gola, e mi fanno pisciare a fine partita. I cessi delle curve sono dei saggi del "messaggio da cesso". Ma questa è un'altra storia. La storia qui è che mi sono fatto tutto sto viaggio, ho speso dei soldi per vedere una partita come altre, una partita che mi sarei potuto tranquillamente vedere dal divano di casa mia, con la sigla della serie Bwin, non un derby, non lo Spezia- Livorno che avevo lasciato dodici anni fa.. Non è stata la sconfitta a deprimermi, ci sta, anzi no, ma nello sport ci sta, è stato che mi sono accorto che lo Spezia in questi anni è diventato una squadra di calcio che serve al buisness, e i suoi tifosi, me compreso, dei consumatori. Come degli juventini, dei milanisti, come quelli li. Solo che è lo Spezia, non la Juve o il Milan.

I ricordi, mentre si torna alla macchina , vanno agli anni Ottanta, quando si navigava a vista, serie C2, fallimento, Eccellenza, serie D, poi torna C2, e una squadra che già ad inizio campionato è tecnicamente fallita, e ai giocatori non vengono pagati gli stipendi. La squadra comunque gioca, non molla. 10 mila spettatori ad ogni partita, 2, 3 mila in trasferta con punte di 4 mila a Lucca e Pistoia. In campo giocatori che vivono la città, la gente, calciatori che non faranno mai la serie A, ma alla squadra, al tifo, alla gente di Spezia ci tengono, si sentono parte del tutto, di una città sfigata, rovinata dall'industria e dai militari, dove dopo le 10 di sera di aperto rimane solo il bancomat (cit. di Vergassola), dove in quegli anni a Piazza Brin a farla da padrone è l'eroina, dove in Curva alla fine di ogni partita oltre alle carte conti anche le siringhe lasciate per terra. Ma poco importa, a Spezia, lo Spezia, è stato per molti l'unico momento di unione della città, insomma quelle storie di orgoglio riscattato, e roba così. Quella dell'85-86 è quindi una stagione mitica, si arriva secondi, promozione in C1, nonostante nessuno veda uno stipendio e i giocatori mangiano nelle trattorie della città senza pagare, gli affitti, molti, abbonati, e tifosi che fanno le collette per pagare i pullman alla squadra. Qull'ultima giornata in casa, contro la Pistoiese, Spezia avanti  solo di 2 punti, vale quindi il secondo posto e la promozione diretta. La partita finirà 2 a 2. E' la squadra di Bepi Pillon, Luciano Spaletti, Telesio, Sergio Borgo, gente che dal Picco esce con la maglia che di bianco non ha più nulla. Gli anni successivi si rischia la serie B, sopratutto nell'88-89, persa all'ultima giornata a Lucca, 5 mila tifosi in trasferta, con la squadra di Orrico che ci batte 3 a 1 e sancisce l'addio ai sogni di gloria. Poi è storia recente, la passione non cala fino al 2006 e al raggiungimento dopo 50 anni della serie cadetta. Ma da li, l'ennesimo fallimento, il cambiamento di proprietà e l'arrivo di un miliardario, che chissà perchè, si prende la briga di farci risalire. Dalla serie D alla B in 4 anni, ogni anno 20 giocatori nuovi, allenatori, direttori sportivi, in società più nessuno di Spezia che conti per davvero. Giocatori pure dai nomi altisonanti per questi lidi, ma che ne possono sapere di cos'è per noi tifosi uno Spezia -Livorno se stanno in città da 4 mesi, e quello che c'è da più tempo non raggiunge l'anno?

"Luciano uno di noi". Spalletti nello Spezia ha giocato in tutti i ruoli, tranne in porta. Nel 2006, per il centenario, chiese a Totti e compagni di anticipare l'allenamento del lunedì alla mattina perchè nel pomeriggio con la sua macchina raggiunse il Picco per i festeggiamenti. Anni addietro, la notte prima di Spezia - Prato, mentre gli Ultras "costruivano" la curva con i ferro tubi per far giocare la partita al Picco, Luciano portò la squadra alle due di notte a far vedere quella scena ai suoi compagni. In campo erano dei leoni per davvero il giorno dopo. Se escludo Sansovini, che per carattere si impegnerebbe anche se giocasse nel Lokomotiv Colleoni, non vedo più quel modo di vivere il calcio, sopratutto in provincia, che rendeva queste squadre speciali, diverse. Sembra tutto uguale, tutto omologato. Magari, se questo presidente ci porterà come dice in serie A, mi rimangio tutto, fa parte dell'incoerenza del tifoso, ma sabato scorso ho rimpianto la serie C2, la C1, quei Spezia -Pisa con più poliziotti che tifosi, quello Spezia - Alessandria vinto 2 a 1, con rigore parato dal nostro Hugo Rubini al 94esimo, dopo novanta minuti di pioggia, e una polmonite che mi aspettava di li a qualche giorno.

Questa è la storia di una squadra che non fa certo delle vittorie, anche se si potrebbe aprire il capitolo dello "scudetto" di guerra, ma non lo farò, il faro del suo fascino. Il suo fascino lo fanno i suoi tifosi, gente di mare, di porto per davvero, il suo stadio, piccolo e inospitale, da dove si vedono le gru dell'arsenale militare, i fumi della ciminiera dell'Enel e in lontananza le cime innevate delle Alpi Apuane. L'odore dello Sprugola, il canale di scolo del porto, odore di putridume e melma, il sole contro gli occhi del portiere sotto la curva piscina, nei primi tempi, e durante la primavera, anche nei secondi. La gente che mugugna sempre, quelli dei distinti che seguono per tutta la partita il guardalinee per sputargli addosso, e gli "addetti" agli allenatori, sia gli ospiti che i tuoi. Si piazzano dietro le panchine (per chi non fosse mai stato al Picco, a meno di un metro di distanza...) e offendono il loro obiettivo per tutto il tempo dell'incontro. Le coreografie con la carta igenica e i candelotti di segnalazione. Frione che intona "O bela Speza", e alla fine, quando pronunci l'ultima frase, sai che è così, ma un po' ti commuovi lo stesso.

"Non sei Milan, non sei Paris, ma noi ti amiamo così! La, lallala, lalallala, ...."

http://www.youtube.com/watch?v=YhT14nCtq3U

PS: mentre scrivevo questo post, mi sono imbattuto su questo sito, il tipo è davvero uno sfiammato serio, a cui va tutto il mio rispetto. Cercate anche la storia delle vostre tifoserie, se le ha compilate.
http://www.pianetaempoli.it/2012/11/30/lavversaria/curva-ospiti-spezia-la-sua-tifoseria/



1.3.13

2013 anni.


In questi giorni pensavo da quanta enfasi, attenzione mediatica, letture storiche e filosofiche, venivamo sommersi dalle televisioni, dai giornali. Tutti a cercare di capire e di spiegare i perchè di un ritiro del Papa. Sopratutto l'evento è stato ricordato come storico. Seicento anni fa, tanto è passato dall'ultima volta che un Papa se ne andasse dal soglio, senza essere per forze disteso dentro una bara.
Premettendo che a me, personalmente, non me ne può fregare di meno, della Chiesa, dei cattolici, del Papa, di Dio e di quelli che ci credono, e che ho pure avvertito una certa noncuranza generale tra la gente (comunque il Papa, anzi l'ex Papa, di fame non muore, la gente magari deve iniziarsi a preoccupare), mi ha fatto specie questo tentativo forzato di trasmettere la cosa come un evento fuori dal mondo terreno, speciale, provando a dargli quelle emozioni che Dante ha lasciato impresso meglio di chiunque altro nella descrizione di Celesitno V, facendolo peraltro come 'na chiavica, mentre ai giorni nostri il tentativo era contrario.  Appunto, premettendo tutto ciò, mi sono fissato su come è vecchia la Chiesa. L'Istituzione Chiesa. 2013 anni di vita. Tutto è cambiato in questi ventuno secoli. L'Impero, i comuni, le Signorie, la monarchia, la musica, i luoghi, le città, i mezzi, i vestiti. La Chiesa invece resiste, ogni tanto si è riformata, ma la parola riforma sottintende non un cambiamento ma una forma che segue la precedente, altre volte si è controriformata, perchè andava meglio prima, ma l'Istituzione è sempre quella. La lingua della liturgia sempre quella. Dio, Gesù Cristo, la Madonna, gli apostoli, sempre gli stessi. Qualche santo nuovo, sempre meno, qualche canzone nuova dei Boy scout, e poco altro. 
E allora ho pensato che Benedetto XVI, semplicemente, si sia levato di mezzo come un qualsiasi vecchio amministratore fa nella sua azienda, nel suo posto di comando. Si sia stancato. 
Me lo immagino seduto in una sedia, quasi cecato, mentre gli dicono che il Card. tal dei tali aveva fatto sto guaio, che ce stavano i froci che sfilavano per Roma, che l'altro s'era inculato i soldi, che bisognava andare a trovare i fedeli a Cuba, e poi in Messico, e che a un certo punto lui abbia iniziato a rispondere semplicemente che era stanco, e se ne sbatteva il belino dei froci, dei preti pedofili, dei preservativi, di Casini e di Bagnasco. 
"Ma non può rispondere così Sua Eccelenza! Lei è il Papa!" 
"E sai com'è? Mi sono rotto il belino di fare il Papa. Mi dimetto. Sceglietevene un altro."
Certo, forse pure twitter gli deve aver dato una bella botta, scoprire di colpo che la Chiesa ha 2013 anni ed è impotente contro quello che più spaventa un religioso, un evangelista che deve evangelizzare, l'indifferenza. Perchè una volta il nemico era l'ateo, il comunista, l'ebreo, il mussulmano, ci doveva essere uno scontro, in cui il mio potere batteva il tuo. In 2013 anni ne ha passate di tutti i colori. Le persecuzioni, il Colosseo, le catacombe, i Longobardi, Attila, Carlo Magno, l'Islam, le Crociate, i guelfi e i ghibellini, e mi fermo qui. Ma contro l'indifferenza non c'è niente da fare. La Chiesa, dopo 2013 anni, è talmente vecchia, che è caduta piano piano nell'ignavia del mondo reale, quello sociale, dove non ha più una reale importanza. E' rito e abitudine. Ha potere, molto, mantiene la sua posizione, non crollerà di certo, ma non c'è niente di eccezionale, ma molto di umano in un uomo, che con impertinenza fa notare a tutti che ormai solo gli sfiammati credono che il Papa sia scelto da Dio e parli con lui. Aspettiamo quello nuovo, sperando che se intende riformarla sta Chiesa, si parla di questo, almeno parta dalla parola di Cristo, che avrà pur 2013 anni, ma dimostra di meno, molto di meno degli anni che ha. 

14.9.12

La Ruota della Fortuna



Se questo vince le primarie, e dopo diventa Primo ministro del Paese, mi dispiace per la prematura morte di Mike Bongiorno, poteva diventare Presidente della Repubblica, in fondo l'ha scoperto lui questo talento delle vocali. Meglio di Berlusconi? Non so, inizio ad invecchiare, forse diventerò conservatore, ma mi sembra che va sempre peggio, non vorrei arrivare a rimpiangere il ventennio berlusconiano, in fondo ha avuto ben 7 anni di interruzioni, quindi è durato meno, il periodo Andreottiano già lo rimpiango. Il PCI al 33%, la Dc governava, ma facevamo paura, o almeno, facevano, io avevo 6 anni.

Lavoro per un'associazione che si occupa di salvaguardare la memoria degli antifascisti, perseguitati politici dal regime, condannati dal Tribunale speciale. Suddetta associazione pubblica da settant'anni  un mensile, "L'Antifascista" per l'appunto. Decidiamo, anzi decidono, i capoccia, di spedire a tutti i senatori, comrpesi quelli a vita, e a tutti deputati del centro, e del centro sinistra, una copia omaggio del giornale con lettera d'accompagnamento per la promozione dell'associazione, dei valori dell'antifascismo, della Costituzione, bla, bla, bla.

Mesi dopo, posso affermare, che di tutti solo due hanno risposto abbonandosi. Berlinguer e Giulio Andreotti.