23.4.13

Sezione Clinica Medica

Università di Pisa, 1943, 21 febbraio. 
Sui muri della Facoltà di medicina, sezione clinica medica:


Se la madre del nostro grande Duce
avesse avuto un po' di luce
avesse dato al grande fabbro predappiano
invece della potta il deretano
l'avrebbe avuto in culo quella sera,
lei si, non l'Italia intera.

19.4.13

Un Partigiano come Presidente

"Io ero pacifista ma andai volontario in guerra [la prima guerra mondiale] perché se a combattere dovevano andare i figli degli operai e dei contadini, dovevo andarci anche io." Sandro Pertini

(foto: Pertini in esilio a Nizza con compagni di lavoro.)
da PensieriParole


Onestà. Correttezza. Esperienza, ed esperienza internazionale. Lealtà. Si potrebbe andare avanti per ore, elencando tutte le qualità che dovrebbe avere una garante, anzi, il Garante, della nostra Repubblica Parlamentare: il Presidente della Repubblica.
Più simile ad un Santo, che non ad un uomo, sopratutto poco simile ad un politico italiano medio, e famola sta media, in questi tempi.
Marini viene dal mondo del lavoro, è un umile, Rodotà è l'espressione della libertà di pensiero, Prodi, che dire di Prodi, ha fatto tutto quello che un dirigente della politica deve fare. Curriculum impeccabile.
Mi fermo a citare questi, bastano, sono ottimi esempi.

Eppure c'è qualcosa che non quadra in questo tipo di scelta, qualcosa che all'italiano medio, perchè esiste un italiano medio, pure a quello che vota, ha votato e voterà Berlusconi, non va del tutto giù.
Se quindi il curriculum è importante per diventare Presidente della Repubblica, di tutti eletti fino ad ora, dal 1948 ad oggi, quello che assumerei come mio è senza dubbio Sandro Pertini. E non perchè ha esultato in faccia al presidente tedesco al Bernabeu come un ultras della curva, o perchè fumava la pipa, era citato in una canzone di Cotugno o andava a Vermicino a piangere la morte di un bimbo caduto nel pozzo. Ma per il suo curriculum vitae, e non quello dal 1946 in poi, ma quello prima, prima di essere un politico.

Medaglia d'argento sul fronte della prima guerra mondiale (dal 1916 al 1918, tre anni di guerra in trincea..), laurea in giurisprudenza nel 1923, nel 1925 una seconda laurea in Scienze sociali. Fervente antifascista viene più volte picchiato, arrestato, fermato, nel 1925 gli spezzarono addirittura un braccio. Nel 1926, insieme a Turati, scappa su un motoscafo verso la Corsica, dalla quale si muove poi per la Francia. Parigi prima, Nizza poi. A Nizza vive di vari lavori, muratore, comparsa cinematografica. Nel 1926, con i proventi di una vendita fatta in Italia, in una casa vicino a Eze crea una radio clandestina, viene scoperto e arrestato (pure in Francia). Torna sotto falso nome, Luigi Roncaglia, nel 1929 in Italia, con l'idea di ricreare una rete socialista clandestina nel nostro paese. Viaggia per varie città, da Venezia a Genova, Firenze, Milano, Roma, fino a quando non lo arrestano. E' il 1929, Pertini ha già 34 anni. Gli ultimi dieci li ha passati, pur provenendo da una famiglia benestante, due lauree e nessun problema, da reietto, vivendo nell'ombra, sacrificando tutto quello che poteva godersi di una spensierata gioventù. Invece è carcere per lui. Prima l'Isola di Santo Stefano,  poi a Turi (dove incontra Gramsci). infine per le condizioni di salute non buone lo spostano a Pianosa. Lì la madre, molto preoccupate, fa richiesta di grazia per il figlio al Duce.
Voi che avreste fatto? Undici anni di vita in fuga, considerato un criminale e terrorista dalla maggioranza delle persone, che avrebbero fatto i Marini i Prodi, che non riescono a rinunciare neanche a 1000 euro in meno di pensione? La risposta di Pertini alla madre è questa (dopo aver rifiutato la grazie..):

« Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l'amore, che io sento per la mia idea?»

Potrei andare avanti, raccontare degli altri lunghi tredici, e dico tredici, anni di carcere e confino che ancora dovette scontare. Quando lasciò l'isola di Ventotene, nell'agosto del 1943 aveva già 47 anni, poche settimane dopo era a combattere a Porta San Paolo a Roma contro i tedeschi(fece la Resistenza poi in Toscana, Emilia, Lombardia, fu arrestato dalle SS e condannato a morte, salvato in un'azione partigiane..). Divenne uno dei responsabili del CLN, prese un medaglia d'oro al valor militare e tanto altro. Da Politico si oppose alla deriva del PSI, e per questo fu lasciato in disparte dalle scelte del Partito. Prima di diventare Presidente della Repubblica, qualche anno prima, incontrò ad una cena a Milano quello che era in quel momento il direttore del carcere di San Vittore, e che anni prima era stato suo carceriere a Ventotene. Dopo un iniziale imbarazzo il direttore del carcere prese confidenza ed iniziò a provocare Pertini sulle incertezze, i difetti gli errori di questa tanto ammirata democrazia, di questa Repubblica che a suo dire, in confronto ai tempi del Duce, non garantiva le stesse prestazioni, i treni in orario, l'assenza del crimine e tutte quelle belinate che ci portiamo ancora oggi dietro come credenze dure a morire e tante altre cose che non so e mi posso immaginare. Pertini stette ad ascoltarlo, in silenzio, poi si alzò in piedi, in mezzo alla tavolata e gli disse che "forse aveva ragione, non tutto era cambiato per il meglio, per come speravano per quello che avevano lottato, ma di una cosa era contento, che lui, il suo vecchio carceriere, stesse parlano liberamente al tavolo, al suo stesso tavolo, esprimendo le sue opinioni, senza paura. Quella era la differenza, noi vi facciamo parlare, voi ci avete (e ci toglierete) la libertà di farlo. 




9.4.13

Rinuncia alle vesti


Prima della decisione definitiva di andare a dormire, come ormai un istinto animale incondizionato mi fa eseguire, ho aperto per l'ultima volta nella giornata, la pagina di repubblica.it.

Mi è sembrato fin da subito di aver frainteso il titolo della notizia che dal lato sinistro della pagina ha attirato la mia attenzione: "Il PD sabato in piazza per manifestare contro la povertà". No vabbè, è uno scherzo. Chi mai potrebbe avere un'idea così assurda, più tardi, esattamente 24 ore dopo l' avrei definita dadaista. Chi mai ha potuto pensare di andare in quartieri come Tor bella monaca, San Basilio, Scampia, San Salvario a manifestare contro una condizione del vivere, certo non auspicabile, ma pur sempre una condizione, non un problema di per se? 

La follia è compiuta allo stato puro. La sinistra italiana, o a questo punto veramente, pseudo-tale, non ha idea migliore che manifestare contro una condizione del vivere che, si dovrebbe vedere caso per caso, non sempre è correlata o indotta da problematiche generali, quelle che la politica dovrebbe risolvere, e sopratutto cercare di comprendere e trovare le sintesi per le soluzioni migliori. Certo, le soluzioni. Perchè a ben vedere il problema non dovrebbe essere la povertà, condizione relativa e passibile di cambiamento, ma le cause che la provocano, nel caso le cause siano da addebitare a motivi che riguardano la politica, tipo stipendi bassi, mancanza di lavoro, ignoranza diffusa, dispersione scolastica, assenza di servizi, e potremmo andare avanti per giorni. 

Se manifesti contro il lavoro nero, sei contro chi offre lavoro nero, e ambiguo contro chi lo esegue (ma c'è la giustificazione del ricatto), ma, più semplicemente, se manifesti contro il razzismo sei contro i razzisti. Sillogisticamente se manifesti contro la povertà vorrà dire che sei contro i poveri, su questo non ci piove, come non ci piove che non è l'intenzione dei militanti e dirigenti del PD manifestare contro i poveri, o almeno lo spero.

Nell'idea comunista non erano i poveri il problema, il problema erano i ricchi. Non era la povertà a dare i problemi ma la ricchezza. I poveri si univano per rendere più giusto ed equo, a loro ben vedere, la distribuzione di quella ricchezza, che in ogni caso anche se divisa ugualmente per tutti non avrebbe fatto tutti ricchi, ma sicuramente nessuno più ricco dell'altro e tutti meno poveri, ma non di certo ricchi. Questo ne Marx, ne Lenin, ne Mao l'hanno mai promesso. Poi che sia utopia, sia stata una fregatura, l'ennesima, a cui le masse hanno creduto, non mi metterò certo qui a discuterne,resta il fatto che la sinistra storica non è mai stata contro la povertà, semmai contro la ricchezza.

Ma senza scomodare Gesù di Nazareth, basterà ricordare San Francesco d'Assisi, riportato in auge alla faccia del fascista Padre Pio, dal cardinal Bergoglio solo qualche settimana fa. Ebbene, la religione cattolica, nelle sue trasfigurazioni più pauperistiche, non vede nella povertà un problema, anzi, un valore a cui ogni buon cristiano deve mirare. Liberarsi il più possibile dei beni materiali, case, soldi, fino ai vestiti, come nella celeberrima rinuncia delle vesti di San Francesco, avvicinano l'uomo a Dio. Anche per loro, per i cattolici più legati ad una visione più spirituale e meno materiale, il problema è la ricchezza, non la povertà.

Ora, mi devo aspettare che il Bersani di turno, la collaboratrice Geloni (6.000 euro al mese per dirigere youdem...), il Fioroni o il Gentiloni di passaggio, sabato a questa manifestazione, stiano a fianco di poveri cristi per davvero, con compassionevole ammirazione, disprezzando tutti insieme il loro stato di povertà, ma non certamente loro come persone. Che peccato che non siete ricchi come noi, sapete com'è? Veniamo a darvi la nostra comprensione e manifestiamo contro la vostra condizione. Mi aspetterei che qualcuno a sti punti gli faccia sganciare anche qualche euro, perchè già dal medioevo, ma poi messo in pratica nel XVII secolo, il problema della povertà fu avversato dai ricchi regnanti, nobili, borghesi italiani, con le offerte e la cosi detta elemosina, e come soluzione finale ebbero l'idea di costruire dei grandi alberghi pubblici per i poveri, rimasti per altro dove sorgono (tipo a Genova e a Napoli), edifici di maestosità impressionante, dove tutti i poveri senza dimora poteva rifugiarsi, mangiare, bere e dormire. Aspetto questo passo PD, costruiamo un albergo per i poveri nei quartieri dove manifestate sabato, sarebbe un'ottima idea. Poi magari, più in la, cerchiamo di pensare al mondo nel futuro prossimo, senza povertà, se vi fa più felici.