19.4.13

Un Partigiano come Presidente

"Io ero pacifista ma andai volontario in guerra [la prima guerra mondiale] perché se a combattere dovevano andare i figli degli operai e dei contadini, dovevo andarci anche io." Sandro Pertini

(foto: Pertini in esilio a Nizza con compagni di lavoro.)
da PensieriParole


Onestà. Correttezza. Esperienza, ed esperienza internazionale. Lealtà. Si potrebbe andare avanti per ore, elencando tutte le qualità che dovrebbe avere una garante, anzi, il Garante, della nostra Repubblica Parlamentare: il Presidente della Repubblica.
Più simile ad un Santo, che non ad un uomo, sopratutto poco simile ad un politico italiano medio, e famola sta media, in questi tempi.
Marini viene dal mondo del lavoro, è un umile, Rodotà è l'espressione della libertà di pensiero, Prodi, che dire di Prodi, ha fatto tutto quello che un dirigente della politica deve fare. Curriculum impeccabile.
Mi fermo a citare questi, bastano, sono ottimi esempi.

Eppure c'è qualcosa che non quadra in questo tipo di scelta, qualcosa che all'italiano medio, perchè esiste un italiano medio, pure a quello che vota, ha votato e voterà Berlusconi, non va del tutto giù.
Se quindi il curriculum è importante per diventare Presidente della Repubblica, di tutti eletti fino ad ora, dal 1948 ad oggi, quello che assumerei come mio è senza dubbio Sandro Pertini. E non perchè ha esultato in faccia al presidente tedesco al Bernabeu come un ultras della curva, o perchè fumava la pipa, era citato in una canzone di Cotugno o andava a Vermicino a piangere la morte di un bimbo caduto nel pozzo. Ma per il suo curriculum vitae, e non quello dal 1946 in poi, ma quello prima, prima di essere un politico.

Medaglia d'argento sul fronte della prima guerra mondiale (dal 1916 al 1918, tre anni di guerra in trincea..), laurea in giurisprudenza nel 1923, nel 1925 una seconda laurea in Scienze sociali. Fervente antifascista viene più volte picchiato, arrestato, fermato, nel 1925 gli spezzarono addirittura un braccio. Nel 1926, insieme a Turati, scappa su un motoscafo verso la Corsica, dalla quale si muove poi per la Francia. Parigi prima, Nizza poi. A Nizza vive di vari lavori, muratore, comparsa cinematografica. Nel 1926, con i proventi di una vendita fatta in Italia, in una casa vicino a Eze crea una radio clandestina, viene scoperto e arrestato (pure in Francia). Torna sotto falso nome, Luigi Roncaglia, nel 1929 in Italia, con l'idea di ricreare una rete socialista clandestina nel nostro paese. Viaggia per varie città, da Venezia a Genova, Firenze, Milano, Roma, fino a quando non lo arrestano. E' il 1929, Pertini ha già 34 anni. Gli ultimi dieci li ha passati, pur provenendo da una famiglia benestante, due lauree e nessun problema, da reietto, vivendo nell'ombra, sacrificando tutto quello che poteva godersi di una spensierata gioventù. Invece è carcere per lui. Prima l'Isola di Santo Stefano,  poi a Turi (dove incontra Gramsci). infine per le condizioni di salute non buone lo spostano a Pianosa. Lì la madre, molto preoccupate, fa richiesta di grazia per il figlio al Duce.
Voi che avreste fatto? Undici anni di vita in fuga, considerato un criminale e terrorista dalla maggioranza delle persone, che avrebbero fatto i Marini i Prodi, che non riescono a rinunciare neanche a 1000 euro in meno di pensione? La risposta di Pertini alla madre è questa (dopo aver rifiutato la grazie..):

« Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l'amore, che io sento per la mia idea?»

Potrei andare avanti, raccontare degli altri lunghi tredici, e dico tredici, anni di carcere e confino che ancora dovette scontare. Quando lasciò l'isola di Ventotene, nell'agosto del 1943 aveva già 47 anni, poche settimane dopo era a combattere a Porta San Paolo a Roma contro i tedeschi(fece la Resistenza poi in Toscana, Emilia, Lombardia, fu arrestato dalle SS e condannato a morte, salvato in un'azione partigiane..). Divenne uno dei responsabili del CLN, prese un medaglia d'oro al valor militare e tanto altro. Da Politico si oppose alla deriva del PSI, e per questo fu lasciato in disparte dalle scelte del Partito. Prima di diventare Presidente della Repubblica, qualche anno prima, incontrò ad una cena a Milano quello che era in quel momento il direttore del carcere di San Vittore, e che anni prima era stato suo carceriere a Ventotene. Dopo un iniziale imbarazzo il direttore del carcere prese confidenza ed iniziò a provocare Pertini sulle incertezze, i difetti gli errori di questa tanto ammirata democrazia, di questa Repubblica che a suo dire, in confronto ai tempi del Duce, non garantiva le stesse prestazioni, i treni in orario, l'assenza del crimine e tutte quelle belinate che ci portiamo ancora oggi dietro come credenze dure a morire e tante altre cose che non so e mi posso immaginare. Pertini stette ad ascoltarlo, in silenzio, poi si alzò in piedi, in mezzo alla tavolata e gli disse che "forse aveva ragione, non tutto era cambiato per il meglio, per come speravano per quello che avevano lottato, ma di una cosa era contento, che lui, il suo vecchio carceriere, stesse parlano liberamente al tavolo, al suo stesso tavolo, esprimendo le sue opinioni, senza paura. Quella era la differenza, noi vi facciamo parlare, voi ci avete (e ci toglierete) la libertà di farlo. 




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